Fotografia e dolore sono un’accoppiata che non siamo forse abituati a vedere. Spesso la fotografia è immaginata come uno strumento per immortalare solo i giorni felici, i successi, i traguardi piacevoli…e se fosse molto più di questo?
Recentemente ho letto un libro, dal titolo, lo ammetto poco invogliante forse o gioioso: “La società senza dolore –Perché abbiamo bandito la sofferenza dalle nostre vite” di Byung-Chul Han. Se non lo avete letto ve lo consiglio vivamente.
In questo saggio leggibile velocemente viene descritto in maniera egregia come nella nostra società performativa il dolore viene cancellato, visto come qualcosa da nascondere in nome dell’ottimizzazione, una società dove il dolore viene messo a tacere, dove non devono esserci angoli, spigoli, la contraddizione. Eppure è proprio la contraddizione a fare l’arte.
“Il dolore regge la felicità”è scritto in questo libro ed è proprio così perché le emozioni intense non sono mai facili, per questo, se proviamo un’intensa felicità in essa ci sarà sempre un pizzico di sofferenza.

Perchè ho deciso di parlare di quest’argomento? Perchè ti sto parlando di un libro quando ti aspetti parli di fotografia?
Nel mio percorso attraverso l’autoritratto – GUARDARE OLTRE – c’è un capitolo che riguarda le emozioni, all’interno di quello racconto come anche la sofferenza sia importante da attraversare, da guardare in faccia, anche se ci da fastidio, soprattutto se ci da fastidio !
Le emozioni dolorose sono importanti, acuiscono la percezione di noi stessi, ci aiutano a disegnare i nostri contorni.
Le trasformazioni sono spesso legate a due cose: cambiamenti e dolore. La sofferenza è parte della trasformazione, ci costringe a un cambiamento di prospettiva che fa apparire ogni cosa sotto una nuova luce.
Le emozioni dolorose poi, animano anche la fantasia.
“Il dolore dona la sua forza terapeutica laddove non la supponiamo.” __Martin Heidegger
Con questo post non sto dicendo che la fotografia, l’autoritratto o più in generale l’arte debbano per forza essere guidate da dolore e sofferenza, anzi, lungi da me. Vorrei però che venga visto un’altro lato della fotografia e che ci venga ricordato che provare emozioni dolorose e incanalarle serve a crescere, a trasformarsi, a fermarsi, a darsi tempo. Tutte cose importanti che in questa società abbiamo dimenticato in cambio di qualche like, della cosiddetta resilienza e dei percorsi benessere fasulli.

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