Il mio inizio con la fotografia è stato proprio questo: un autoritratto fotografico.
“Guardarsi è imparare a conoscersi. Ma è imparare a guardarsi che è dura”.
Sono molti mesi che questo post, pronto era fermo tra le mie bozze, non mi decidevo a pubblicarlo, forse perchè era in qualche modo incompiuto, forse perchè volevo che questo progetto venisse alla luce dal vivo, che fosse tangibile, molto più empatico rispetto ad un post letto attraverso uno schermo, ma ora ho deciso di pubblicarlo, per spiegarlo un po’ e allo stesso tempo invitarvi a “incontrarlo”.
L’anno scorso mi sono ritrovata in una radio per un’intervista, non era qualcosa di preparato, non conoscevo le domande che mi sarebbero state fatte, nè tanto meno le risposte che avrei dato ed è allora che è arrivata, una domanda che può essere considerata banale, ma che per me è stata fondamentale: “Allora Deborah, raccontaci come tutto è cominciato”. Il mio punto d’inizio è stato proprio questo, tutto è cominciato così: con un autoritratto.

Il mio passato non sempre è stato facile, fin da bambina, certo, c’è chi direbbe beh, in fondo sei fortunata, nel mondo ci sono cose peggiori. Sono d’accordo, anzi più che d’accordo; ma è anche vero che, ogni storia è a sè e ogni storia porta il peso della persona che la trasporta sulle proprie spalle. Le mie di spalle, arrivata alla maturità quel peso facevano fatica a reggerlo. Credo che ognuno di noi abbia bisogno di una via di fuga, un modo per sentirsi senza peso, leggeri: la mia era l’acqua. Nuotare mi permetteva di non pensare a niente, nell’acqua ero/sono leggera, libera, quando nuotavo non importava nulla, se non arrivare a toccare il numero in fondo alla corsia e ripetere tutto ancora, ancora, ancora. Ma cosa fare quando questo non basta più?

È stato allora che l’ho presa. Ho preso la mia macchina fotografica, l’ho sistemata per bene di fronte a me, un po’ alla buona e mi ci sono piazzata davanti. Ho lasciato uscire tutto, tutto ciò che avevo dentro al suono di tanti piccoli “click”.

L’autoritratto per me è stato un fondamentale mezzo di esplorazione di tutte le emozioni che avevo dentro e non riuscivo a esprimere, più il tempo passava, più guardavo i miei scatti e vedevo non solo un’emozione, ma me, le mie debolezze, ma soprattutto le mie qualità. Trasformavo il dolore in risorsa, trasformavo il mio sentire tutto a mille in qualcosa di bello, in immagini che non avevano bisogno di parole.
Non pensavo, non guardavo, semplicemente sentivo.

Una macchina fotografica, non è uno specchio, ma è un importante mezzo di conversazione con noi stessi, arriva dove un semplice riflesso non potrà mai arrivare.
Per mezzo dell’autoritratto possiamo alzare l’asticella e non parlo solo a livello personale, guardandoci, sentendoci, ma anche a livello creativo e a livello umano.

Non ho mai smesso di farmi autoritratti, quando sento il bisogno di esprimermi, di condividere un messaggio, un’emozione, mi metto di fronte a questa scatola nera e porto tutto alla luce.
Questa è una parte molto importante della mia fotografia, di quello che sono; proprio per questo ho deciso di condividerlo, attraverso un talk che ha avuto un riscontro che non immaginavo e mi ha resa davvero felice, fiduciosa e motivata non solo nel portare avanti questo progetto, ma nel farlo crescere e girare il più possibile.

Proprio per questo motivo non vi svelerò di più, ma vi invito a partecipare ai miei eventi riguardanti l’argomento, sperando che possano essere per voi fonte d’ispirazione.

Regalatevi una conversazione con voi stessi, un autoritratto fotografico, oppure, conversate con chi riesce a guardare oltre, provate a sperimentare attraverso il vostro obiettivo o gli occhi di chi, come me, fa questo mestiere. Guardate oltre, sempre.
→ Vedi qui un altro post sull’autoritratto fotografico qui.
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